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Tuesday 17 December 2013

I miti sugli italiani all'estero

Condivido una nota di un italiano all'estero che ho conosciuto in occasione delle primarie del PD. Credo valga la pena leggerla:

L'Huffingtonpost Italia ha recentemente pubblicato un post in cui si parla della paura di tornare in Italia:

 


Per me e' stato uno degli spunti per ragionare su come gli Italiani all'Estero sono visti sui media Italiani e soprattutto su alcune elementi ricorrenti e spesso fuorvianti della narrazione di una "fuga" dal Paese di origine.
Ho scritto questa lettera al Direttore Lucia Annunziata e alla redazione, che vi propongo per discutere sul tema:

Gentile Direttore, gentile Redazione,
scrivo in merito al blog post di Sara D’Agati sugli Italiani in fuga. Ho gia’ risposto ad alcuni punti specifici sul post stesso, vorrei cogliere l’occasione per scrivere una lettera più ampia su come viene ritratta l’emigrazione contemporanea dal nostro Paese che secondo me meritano approfondimento. Sarei felice se si aprisse un dibattito su questo.

E’ da circa 10 anni che sui media spesso si parla di fuga degli Italiani. Fino a poco tempo fa si parlava esclusivamente di "fuga di cervelli”, indicando che chi fuggiva apparteneva al mondo accademico o al mondo dell’innovazione in settori che in Italia non potevano fiorire. Ora, sempre più’ spesso (ad esempio in un recente articolo di Diamanti su Repubblica), si riconosce che parlare di cervelli in fuga
e’ limitante. Gli emigranti provengono da ogni professione e livello di istruzione. Rimangono pero’ immutati alcuni tratti ricorrenti nella descrizione del fenomeno che vorrei appunto discutere e cercare di “sfatare”. Uno dei pochi “non-miti” e’ che in Italia c’e’ poco lavoro, e questo fa si’ che molti giovani vadano a cercarlo altrove. Spesso e sempre di più' e’ lavoro non qualificato. Vorrei pero’ farvi capire che la situazione e’ molto più’ complessa.
Innanzi tutto l’Italia viene descritta come un posto che ha rifiutato i suoi figli e li ha costretti a fuggire. Dati Eurostat alla mano (http://epp.eurostat.ec.europa.eu/portal/page/portal/product_details/dataset?p_product_code=TPS00177
) sembrerebbe che Germania, Gran Bretagna e Francia, mete dei tanti Italiani in Fuga, siano ancora più brutali con i loro figli. L’emigrazione in Italia non e’ tra le più alte in Europa, e non e’ solo correlata alle condizioni economiche ma alle opportunità’ di lavoro che si creano fuori dalla Patria. Il mercato del lavoro e’ globale e questo rende naturale la mobilita’ tra nazioni. Nulla di potenzialmente traumatico. Ricordo che quando approdai negli USA, dopo aver conseguito il dottorato in Italia, mi stupii di come era percepito come naturale lo spostarsi da uno stato all’altro per lavoro. Ecco una cosa simile si e’ avviata in Europa. Programmi come Erasmus hanno creato cittadini europei che reputano naturale spostarsi. Certo la situazione del mercato Italiano e’ peggiorata, tuttavia vedo sempre più’ spesso giovani che vengono a formarsi nelle università perché attratti dalla competitività in un settore specifico, quello dei loro sogni. Questi giovani guardano naturalmente ad un mercato globale, non c’e’ risentimento verso l’Italia. Oggi si parte sempre di piu' perché si può, perché i confini sono molto meno marcati e lo spazio su cui rincorrere le proprie ambizioni e’ vastissimo. E’ il mondo in cui il Sistema Italia si deve confrontare. Porre come priorità il ritorno di cervelli e’ miope. L’Italia deve essere li’ tra le nazioni capaci di attrarre il meglio, da qualsiasi parte provenga.

Questo mi permette di parlare di un altro mito. Diciamo che questo e’ un “semi-mito”: In Italia l’eccellenza e’ penalizzata, anzi repressa, addirittura perseguitata. E’ vero in Italia esiste una classe dirigente accademica spesso baronale e un sistema di reclutamento e di gestione dei fondi completamente inefficiente. Inoltre i fondi sono pochi, si spende poco in ricerca. In questo clima può solo far piacere che studenti e ricercatori se ne vadano; sono bocche, spesso critiche, da sfamare in meno. Tuttavia focalizzarsi sulla depressione dell’eccellenza e su come la si raggiunga al di fuori del paese e’ ingeneroso, anzi irrispettoso, nei confronti di chi rimane e produce ricerca di prima qualità. Nel campo dell’ingegneria idraulica, in cui lavoro, le scuole di Idrologia e Costruzioni Marittime di molte università italiane sono leader mondiali, con meno fondi, meno personale e meno struttura dei colleghi esteri. Queste scuole, come altre, riescono persino ad attrarre studenti dall’Estero. E’ ad esse che dobbiamo guardare per ripartire e non solo a chi e’ andato via, sperando che ritorni e sperando che arrivi sempre e comunque una manna dal cielo.

Veniamo poi ad uno dei miti più resistenti: “L’Italia vista dall’ esterno e’ proprio brutta. e’ un tutti contro tutti, e’ il Paese delle olgettine etc. etc. etc.”. Questo forse e’ il mito che ricorre di più. Leggo spesso su FB persone che dicono, “qua e’ uno schifo, hai fatto bene ad andartene”, “certo che queste cose non succedono in Inghilterra” e via dicendo. Inevitabilmente mi vengono in mente dei confronti. E’ forse l’Italia il Paese dove il dibattito politico e’ più aspro e polarizzato? Non scherziamo neanche. Avete visto le campagne elettorali negli USA, dove si e’ parlato per giorni di non-issues (problemi irrilevanti per l’economia e la società’) o Joe the Plumber? E’ forse l’Italia il Paese dove la classe politica e’ più’ distaccata dai cittadini?  Direi che siamo in buona compagnia. Il senso di abbandono da parte della classe politica e’ diffusissimo in UK, come negli USA (parlo di Paesi di cui ho diretta conoscenza). Da cosa nasce il Tea Party o UKIP? Di nuovo, l’Italia e’ nel vortice della globalità e la degenerazione del dibattito politico ha avuto, dagli anni 80 in poi, ha avuto tratti comuni in gran parte del mondo industrializzato. Il “pessimo” mondo dei media Italiano non e’ più’ deprecabile di quello anglosassone. Anzi, uno scandalo come quello di News of the World, non potremo immaginarlo neppure.
Sento spesso elogiare la meritocrazia anglosassone, che sicuramente e’ più strutturata di quella Italiana, ma attenzione. La mobilita’ sociale nel mondo anglosassone e’ in fortissimo declino, ammesso che ci sia mai stata. Tradizionalmente chi governa in Gran Bretagna proviene da famiglie agiate, i primi ministri vengono da quella elite culturale (ed economica) che si identifica con la parola Oxbridge, composizione di Oxford e Cambridge, le scuole di riferimento di queste Elite. La democrazia Britannica e’ meno partecipata di quella Italiana (basta vedere le percentuali dei votantihttp://www.parliament.uk/briefing-papers/SN01467/elections-turnout

), e radunare in piazza migliaia di persone provenienti tanto dalla “working class” che dalla “middle-class”, riesce a pochi nel mondo anglosassone. Il fatto che la nostra sia una democrazia più’ sentita e vissuta e’ potenzialmente un grande punto a favore.
La maggiore competitività e meritocrazia ha un suo prezzo e spesso mi chiedo se ne vale la pena. Chi vive all’estero si distacca dal proprio Paese di origine ma non si cala completamente in quello di destinazione, per questo le contraddizioni che esistono ovunque non saltano agli occhi immediatamente.

Abbiamo visto fin troppe campagne con post-it e appelli dall’Estero, e’ ora che dall’Estero si cominci a parlare di punti di forza del sistema italia e si parta da quelli, rimodernandoli senza che essi diventino ostacoli.

Gentile Direttore, mi sono dilungato appassionatamente. Riassumendo, il nostro e’ un Paese che va visto dall’Estero senza sensi di superiorità morale su chi e’ rimasto e sudditanza culturale nei confronti di un Paese dei Balocchi che non esiste. Sono convinto che molti di noi, emigrati, vogliono dare un contributo in un momento cruciale. Dobbiamo darlo con umiltà e orgoglio.

Spero di aver dato un piccolo contributo costruttivo e mi piacerebbe che si apra un dibattito su Huffington in questo senso.